Parco Baratta, è davvero il futuro?
“L’Italia è un paese meraviglioso. Ricco di storia, arte, cultura, gusto, paesaggio. Ma ha una malattia molto grave: il consumo di territorio. Un cancro che avanza ogni giorno, al ritmo di quasi 250 mila ettari all’anno. Dal 1950 ad oggi, un’area grande quanto tutto il Nord Italia è stata seppellita sotto il cemento.
Soltanto negli ultimi 15 anni circa tre milioni di ettari, un tempo agricoli, sono stati asfaltati e/o cementificati. Questo consumo di suolo sovente si è trasformato in puro spreco, con decine di migliaia di capannoni vuoti e case sfitte: suolo sottratto all’agricoltura, terreno che ha cessato di produrre vera ricchezza.
Questa crescita senza limiti considera il territorio una risorsa inesauribile, la sua tutela e salvaguardia risultano subordinate ad interessi finanziari: un circolo vizioso che, se non interrotto, continuerà a portare al collasso intere zone e regioni urbane. Un meccanismo deleterio che permette la svendita di un patrimonio collettivo ed esauribile come il suolo, per finanziare i servizi pubblici ai cittadini.”
Questa è parte del manifesto del movimento “Stop al Consumo del territorio”, che invita gli amministratori comunali alla ricostruzione e ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente piuttosto che nuove edificazioni delle periferie. Da Nord a Sud la situazione è sempre la stessa: la città, anche se la popolazione non cresce o cresce di poco, si sviluppa mangiando terreni agricoli, che se producono agricoltura o che hanno un valore paesaggistico valgono poco.
Ed è ciò che accade anche a Voghera. Sempre in attesa dei fantomatici milanesi, si continuano ad autorizzare nuove edificazioni, spesso nelle periferie con il risultato di ottenere aree disagiate in termini di servizi, trasporti pubblici e sicurezza.
Negli anni ha preso piede una logica che equipara la cementificazione allo sviluppo. Ma lo sviluppo è ben altro e, in particolare in questo periodo di crisi, può essere dato dalla creazione di nuovi posti di lavoro, non di nuovi appartamenti. E per creare posti di lavoro servono ad esempio specializzazioni e poli d’eccellenza. La realizzazione di nuove case potrebbe poi essere una delle eventuali conseguenze dell’affluenza di nuovi cittadini.
A Voghera sappiamo che il processo è inverso. Nonostante gli abitanti siano passati dai 43.000 degli anni ’80 agli attuali 39.000 negli ultimi anni la cementificazione non ha avuto sosta. Ed ora si è deciso di costruire un rione che potrà ospitare ben 3.200 persone. Insomma l’obiettivo è far costruire. Poi si vedrà.
Si sono perciò trasformati gli indici di edificabilità del Parco Baratta, di quello che doveva essere il polmone verde della città, per consentire la costruzione di 1.000 nuovi appartamenti e cementificare l’ultima zona verde di Voghera. Questo è un processo che una volta avviato non sarà reversibile. Una scelta che modificherà per sempre la nostra città, ma su cui la cittadinanza non ha avuto modo di esprimere la propria opinione: dai residenti della zona che vedranno il loro valore immobiliare svalutato a chi ritiene che il miglioramento della qualità della vita non abbia nulla a che fare con la cementificazione a tutti i costi.
Con queste premesse ci chiediamo: qual è il futuro che attende la nostra città?
La strada che si sta tracciando sembra portare alla creazione di un insieme di quartieri dormitorio, senza anima e senza identità, che già sono la realtà in tante città proprio della nostra regione.
Noi abbiamo la speranza che ci possa essere un futuro migliore per Voghera, confidando che chi ci governa sappia cogliere altri interessi che non quelli dei costruttori.
Amici di Beppe Grillo - Voghera