VOGHERA - Voghera Sei Tu dà la parola ai suoi esperti. Per l'"Angolo del Sorriso", una rubrica mensile dedicata al benessere e alla salute della bocca, il Dott. Alessandro Veronese, dentista laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Odontostomatologia, ci parlerà delle otturazioni.
Le otturazioni in amalgama venivano usate dal lontano 1818 e sono state effettuate sui denti laterali per riparare danni provocati dalla carie oppure da fratture della corona dentale. Ancora oggi si vedono otturazioni del genere soprattutto in pazienti meno giovani e si presentano con un aspetto lucido e argentato, a volte addirittura nero. L’amalgama è formata dal 50% da argento, stagno, zinco, rame e per l’altro 50% da mercurio: quest’ultimo è altamente volatile e tossico, tuttavia una otturazione in amalgama se preparata correttamente non ha effetti tossici.
In letteratura non esistono ancora oggi relazioni scientifiche che testimonino il contrario. Secondo alcune ricerche i quantitativi in microgrammi di mercurio che vengono assunti giornalmente con gli alimenti sono superiori alla quantità che viene liberata dalle otturazioni e questo dato assume valori ancora più importanti nei paesi in cui il consumo di pesce è elevato (abitanti nelle zone costiere e nelle isole).
Nel gergo comune i pazienti usano ancora oggi il termine “piombatura”, ma è opportuno sottolineare che il piombo non è assolutamente presente. In particolare l’amalgama oltre a non essere estetica per il fenomeno dell’impregnazione argentica inscurisce i tessuti dentali facendo assumere al dente un colore imbrunito.
Il primo grande cambiamento avvenne nel 1955 quando si scoprì che mordenzando (irruvidendo) lo smalto dentale era possibile unire chimicamente il materiale di otturazione al dente: si parla di adesione chimica e quindi di odontoiatria adesiva.
Per motivi prettamente estetici i pazienti oggi prediligono risultati ottimali sempre più importanti ed è per questo motivo che l’odontoiatria si è orientata verso l’impiego dei materiali in composito che hanno una variabilità di colori che aiutano molto il dentista a mascherare l’otturazione e a mimetizzarla all’interno della corona dentale.
Il composito è formato da resina sintetica (acrilica) e da particelle riempitive di quarzo, vetro e ceramiche. Un altro elemento a favore del materiale in composito è che quest’ultimo risulta essere nettamente più conservativo nei confronti del dente: infatti a parità di tessuto dentale che viene asportato, poiché danneggiato dalla carie, nell’amalgama bisogna creare dei sottosquadri che garantiscono una ritenzione meccanica, cosa che non è necessaria nei compositi che godono invece di una ritenzione chimica.
Praticamente nell’amalgama l’otturazione viene incastrata nel dente. Questo concetto sembra essere banale, ma in realtà permette di risparmiare molto tessuto biologico.
Per quanto riguarda la durata nel tempo le otturazioni in amalgama, tempo fa, risultavano essere più longeve rispetto a quelle in composito. Oggi la tecnologia ha fornito al dentista un materiale in composito con resistenze all’abrasione pari allo smalto dentale quindi con durata molto elevata.
Mentre per le otturazioni in amalgama l’indurimento richiede un tempo di circa tre ore, il composito viene indurito dalle lampade UVB (le lampade a luce blu) e tale indurimento è immediato.
Una precisazione va fatta per quelle ricostruzioni grandi in cui una o più cuspidi del dente sono state danneggiate: in questi casi con l’amalgama si riusciva a ricostruire le parti mancanti e l’abilità dell’operatore si evidenziava dalla sua capacità di modellazione ricalcando la forma del dente anche se l’otturazione appariva argentata.
Per queste grosse ricostruzioni è meglio preferire manufatti creati dal laboratorio eseguiti in composito o in ceramica (intarsi) che aiutano a ripristinare l’anatomia del dente garantendo una stabilità nel tempo che, viste le dimensioni, con l’otturazione in composito eseguita direttamente nello studio, non si può ottenere.
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