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Attualità - Martedì, 04 Maggio 2010 08:09

OLTREPO - L'agricoltura è in crisi

«Dobbiamo ribellarci» dicono due esperti del settoreAgricoltura in crisi

L’agricoltura dell’Oltrepo è sempre più in crisi: i prezzi di vendita si abbassano, il mercato non è ricettivo e i costi di produzione crescono di continuo. In due decenni la floridezza agricola si è ridotta di molto; prima c'erano tante stalle, più coltivazioni e più gente che si dedicava all'agricoltura. Oggi rimane molta sfiducia e le nostre zone sono sempre più abbandonate a se stesse.

 

Molti pensano che, se non ci sarà un’inversione di tendenza, presto il settore scomparirà. Il tutto mentre in altri Paesi la categoria si sta ribellando a una stagnazione che coinvolge un po’ tutta l’Europa: in Francia, ad esempio, gli agricoltori hanno di recente invaso le strade di Parigi per protestare contro la crisi che attanaglia il settore. Per questo motivo, abbiamo chiesto a due esperti locali se non sarebbe il caso che anche in Italia e in Oltrepo la voce degli agricoltori si facesse sentire di più.

Andrea Scagni, agricoltore di Area Po, chiarisce subito che in Italia c’è meno forza per protestare, malgrado la crisi sia grave: «La maggior parte degli agricoltori non vuole esporsi per paura di prendere multe o incorrere in processi come quelli collegati alla protesta delle "quote latte". In Francia hanno capito che se si va avanti di questo passo non può esserci futuro per l'agricoltura; oggi in Italia si vedono fallire aziende agricole: accadimenti un tempo impensabili. Diversamente da noi, loro sono però più compatti e nazionalisti: quest'ultimo è un dato fondamentale se si pensa che i francesi sono molti attenti a tutelare prima di tutto i loro prodotti e le loro merci».

«In Italia purtroppo ci sono tre grosse Associazioni Agricole di Categoria quali la Coldiretti, la CiVignaa e l'Unione degli Agricoltori, ma non sono unite; questo fatto è importante perché  dimostra che non c'è compattezza, diversamente da quello che accade in Francia». Quindi il futuro italiano non è roseo? «Il fatto è che l'agricoltura italiana è in ginocchio, i prezzi dei prodotti sono inferiori a quelli di 20 anni fa (es. il mais attualmente è attorno ai 15 euro a quintale favorito appunto dallo sciopero francese, negli anni '80 era prezzato a 32.000-35.000 lire 16-17 euro) mentre i costi veri (concimi, attrezzature e gasolio) sono saliti di dieci volte: da questo piccolo esempio si capisce che aria tira. In poche parole la maggior parte dell'agricoltura italiana (escluso vino e ortofrutticolo) vive di contributi comunitari che sono erogati dalla regione Lombardia (Agea) in base a titoli di possesso (quantificazione ad ettaro dell'azienda). Se non si cambia marcia con una politica più unitaria (dai mercati solidali alle uniformità della produzione e incentivi ) nei prossimi anni si vedrà l'abbandono dei terreni, agevolato dall'ingresso nell'area comunitaria di merci provenienti dalla Cina, sud America ed est Europa. In Francia se ne sono accorti e non hanno paura di dirlo a tutti».

Marco Bertelegni, enologo in un’importante azienda oltrepadana e agricoltore a Borgo Priolo, concorda sulla necessità di maggiore coesione fra gli agricoltori: «Ci vorrebbero più coesione e forza di gruppo tra agricoltori e, alla base, meno burocrazia. Bisogna, come anche in altri campi lavorativi, che ci siano più riguardi nei confronti di chi lavora concretamente in un settore, e si cerchi di far sparire un po’ di personale parassita (consulenti, teorici, burocrati) che determina la crisi e il malessere di chi veramente produce. Secondo me anche le associazioni di categoria, molto policizzate, risolvono ben poco, muovono tanta scartoffia e potrebbero anch'esse essere più utili agli agricoltori e più concrete se tutte insieme si impegnassero a ridurre la burocrazia nel settore agricolo».

Alessio Alfretti

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